L’ opera di bonifica
Il turista, come pure il cittadino, si meraviglia davanti alla bella Piazza Bentivoglio e al Palazzo, osserva il fiume che, ora minaccioso, ora placido, scorre poco distante. Se tornassimo indietro di alcuni secoli, ci troveremmo invece immersi nella fanghiglia, nella ricerca di terreni utili e fertili da coltivare, scappando da peste e malaria…già perché prima del 1560 tutta la zona a sud del Po, compresa tra l’Enza e il Secchia era soggetta ai capricci dei fiumi non ancora arginati e invasa da paludi ed acquitrini.
Dapprima i romani, poi i monaci benedettini e infine i Gonzaga avevano iniziato opere di bonifica, ma un’area tanto complessa e ampia non poteva essere risistemata senza un grande sforzo congiunto.
Nel 1561 Cornelio Bentivoglio, che verrà in seguito nominato Marchese di Gualtieri, riceve dai duchi di Ferrara, Mantova, Guastalla e Parma il compito di guidare i lavori della Grande Bonifica.
le paludi occupavano 2/3 dell’attuale territorio comunale, ciò dovuto al fatto che i terreni su cui sorge l’attuale Santa Vittoria si trovano ad un livello inferiore rispetto alle zone limitrofe. Le acque non arginate dei corsi d’acqua provenienti dalle terre alte di Poviglio, Brescello e Castelnuovo entravano costantemente nel territorio gualtierese, allagando la palude di Camporaniero, antico nome di Santa Vittoria. Occorre inoltre osservare che il torrente Crostolo non era arginato e sfociava con un ampio delta nelle valli tra Santa Vittoria e Novellara.
sotto il comando del Bentivoglio. (1560 – 1585) Il Crostolo viene inalveato nel vecchio Fosso di Roncaglio e portato a sfociare in Po tra Gualtieri e Guastalla e le sue acque esterne vengono canalizzate. Il lato destro dell’Enza viene arginato dalla via Emilia alla foce.
Le acque sorgive e piovane vengono canalizzate e fatte passare sotto il torrente Crostolo attraverso la Botte Bentivoglio e incanalate nel canale Parmigiana-Moglia, che sfocia nel Secchia a Bondanello.
La zona bassa da Gualtieri a Brescello viene drenata da più cavi che si riunivano nel cavo Fiuma in località Setteponti, poco distante dalla Botte.
Nel dettaglio la Botte (1576), realizzata in poco più di tre mesi, è un sifone a due canne in muratura lungo 77 metri tuttora esistente e funzionante.
Nel complesso, attraverso la canalizzazione delle acque e il drenaggio delle paludi si sono liberate 25000 biolche di terreno pari a 75mila ettari.
L’opera di bonifica così realizzata è rimasta invariata fino al ‘900 quando ha subito alcune modifiche che l’hanno resa come la vediamo oggi. Già a partire dal 1920 le elettropompe consentono di sollevate le acque dei canali di raccolta più bassi e di portarli nel Crostolo.
L’opera di canalizzazione e bonifica ha permesso di rendere coltivabili e produttivi numerosi terreni, garantisce l’irrigazione nei periodi di secca e permette di controllare il livello dell’acqua nei periodi delle piogge.
Grazie alla bonifica si è composto quel paesaggio di campi e canali che con un pizzico di distrazione consideriamo “tipico” e “normale” e che costituisce una parte fondamentale della civiltà e dell’economia locali.