Entrando a palazzo troviamo al primo piano, quello a noi rimasto del piano padronale di palazzo Bentivoglio, composto dalla sala di Giove, la sala di Enea, la sala di Icaro , la cappella privata e il salone dei Giganti
Sala di Enea
Coincide con l’attuale sala d’ingresso. Il fregio è composto da sedici riquadri monocromi, separati da edicole con figure di putti policromi, dipinti forse da un bravo pittore anonimo. I riquadri illustrano le vicende narrate dal libro VIII al XII dell’Eneide di Virgilio, dove gli Dei intervengono a diretto contatto con l’uomo, per fondare Roma.
Sala di Giove
in questa sala i dipinti sulle pareti traggono infatti ispirazione dall’Ab Urbe Condita dello storico romano Tito Livio, che narra tra mito e fatti reali la fondazione di Roma.
In ogni riquadro del fregio vengono rappresentate esclusivamente vicende umane, mentre gli dei occupano il soffitto.
Sala di Icaro
Nella sala di Icaro il fregio continua la narrazione della fondazione di Roma, iniziata nella Sala di Giove, con episodi tratti sempre dall’opera storica di Tito Livio.
La virtù è intesa anche come qualità personale, nel soffitto sono rappresentati infatti la Carità romana, attraverso l’episodio di Micone e Pero, e la caduta di Icaro.
Da queste due rappresentazioni si evince l’importanza che i Bentivoglio davano al valore della famiglia, l’amore per la propria famiglia inteso come virtù.
La sala ospita oggi la Donazione Tirelli che si compone di una raccolta di quadri di grandi artisti del ‘900 e di due costumi di scena realizzati dalla Tirelli Costumi di Roma.
Cappella Gentilizia
L’ambiente si presenta piccolo, ma prezioso, a pianta rettangolare; il soffitto è a volta di vele poggiante su otto lunette raffiguranti le storie delle Vergine.
Al centro del soffitto vi è un ottagono in cui è rappresentata l’Incoronazione della Vergine.
Gli angeli sovrapporta reggono lo stemma dei Bentivoglio, costituito da una sega rossa in campo d’oro, quelli invece situati sull’altare reggono dei festoni di frutta con riferimento simbolico alla Madonna.
Agli inizi del ’900 l’altare venne demolito per aprire una porta che collegava delle aule scolastiche.
All’interno della cappella si può ammirare la raccolta di documenti, fotografie e dischi, omaggi a Giovanna Daffini.
Salone dei Fasti, detto “dei Giganti”
Il più importante luogo di rappresentanza della famiglia fu la più impegnativa impresa decorativa di Palazzo Bentivoglio: venne iniziata circa nel 1619 (anno in cui morì Ippolito Bentivoglio) e terminata verso il 1628. I lavori furono diretti dal successore Enzo che per l’esecuzione degli affreschi si affidò ad un gruppo di pittori guidati da Pier Francesco Battistelli e “copiati” dal cantiere del Teatro Farnese di Parma, si osservino ad esempio gli identici ignudi detti “Telamoni” del salone dei Giganti di Gualtieri. Occorre ricordare che, seppur grandioso, il progetto di Enzo venne realizzato nella più ristretta economia, poiché gran parte delle risorse economiche venne utilizzata per l’opera di bonifica. l’intero salone è decorato con scene della “Gerusalemme Liberata” la scelta di rappresentare tale opera, tra l’altro quasi contemporanea, rappresentava una scelta di adesione dei Bentivoglio alla Controriforma. Una tradizione vuole che l’antico Castrum Longobardo di Gualtieri abbia avuto un ruolo decisivo nel combattere la diffusione dell’arianesimo che allora aveva la sua roccaforte a Parma; inoltre è da ricordare S. Alberto degli Avogadri che dopo la 4° crociata fu Patriarca di Gerusalemme, e uno dei più attivi difensori della fede cristiana in Terra Santa. Ora vi si accede attraverso due ingressi ricavati nella parete posta a sud, ma originariamente si entrava dalla porta principale, collocata sul lato orientale, varcata la quale l’effetto di dilatazione doveva risultare molto più forte. Il ciclo di affreschi restaurato nel 1973 è suddiviso in tre fasce pittoriche.
Sala Falegnami
É situata nell’angolo sud ovest del palazzo e vi si accede anche dal portoncino esterno della torre. L’ambiente è formato da due vanti con soffitto a volta, separati oggi da una colonna, in uno dei quali al centro si conserva l’affresco della Fama, attribuibile con certezza al Badalocchio. Attorno all’affresco si possono ancora scorgere debolissime tracce di pittura, dove probabilmente erano dipinte le fatiche di Ercole. É detta anche Sala dei Falegnami perché all’inizio del ‘900 vi era al suo interno una cooperativa di falegnami. Attualmente la sala è utilizzata per ospitare conferenze, concerti e mostre temporanee